
Da quassù la città sembra sfocata, allontanata e perduta come in un mare: sta ferma o cammina? Forse cerca qualcosa: il segno d’una speranza meno estranea ai suoi antichi dolori, la promessa d’un destino che sia meno precario: e perciò aspetta, rassegnata e paziente. E anche lei appartiene a quel mare: come suo padre e zia Sofia, come Emila e Tonino, come Libero e Umberto, come Erricuccio e tutti gli altri… Sale sino a lei, da quell’ampio e brulicante formicaio, un ronzio che rassomiglia alla voce d’una conchiglia e riassume i colori, gli odori, i richiami, i tumulti, i desideri e i silenzi della città; alle sue spalle, invece, continua il chiasso di quest’angolo di San Martino: un’animazione straordinaria, il senso d’una festa perenne, un clamore sgargiante ch’è fatto di nulla.