
Jack ed io andavamo spesso, insieme col capitano Jimmy Wren, di Cleveland, Ohio, a mangiare i taralli caldi, appena sfornati, in un forno del Pendino di Santa Barbara, quella lunga e dolce scalinata che dal Sedile di Porto sale verso il Monastero di Santa Chiara.
Il Pendino è un vicolo lugubre, non tanto per la sua strettezza, tagliato com’è fra gli alti muri, verdi di muffa, di antiche e sordide case, né per l’oscurità che vi regna eterna, anche nelle giornate di sole, quanto per la stranezza della sua popolazione.
Famoso è infatti il Pendino di Santa Barbara per le molte nane che vi abitano. Son così piccole, che giungono a stento al ginocchio di un uomo di media statura. Sono laide e grinzose, fra le più brutte nane che siano al mondo. Vi sono, in Spagna, nane molto belle, ben proporzionate nelle membra e nei lineamenti. E alcune ne ho viste, in Inghilterra, veramente bellissime, rosee e bionde, quasi Veneri in miniatura. Ma le nane del Pendino di Santa Barbara sono orrende, e tutte, anche le più giovani, hanno l’aspetto di antichissime vecchie, così avvizzito hanno il viso, così rugosa la fronte, così rade e scolorite le arruffate chiome.
Quel che più meraviglia in quel fetido vicolo, tra quell’orrida popolazione di nane, è la bellezza degli uomini: che sono alti, nerissimi d’occhi e di capelli, e hanno gesti lenti e nobili, la voce chiara e sonora. Non si vedono uomini nani, nel Pendino di Santa Barbara: il che porta a credere che i nani muoiano in culla, o che la brevità delle membra sia una mostruosa eredità toccata in sorte solamente alle donne”.